PV-2 Harpoon con le coccarde italiane – Scala 1/72
Kit Special Hobby SH 72093  - testo e foto di Gabriele Luciani

 Si ringrazia il Gruppo MPM per il modello  gentilmente fornito   in recensione

LEAD Technologies Inc. V1.01

La morfologia dell’Italia è tale che il pattugliamento dei mari limitrofi non è stato mai un compito secondario anche per la sua aviazione militare. Già dalla fine degli anni ’30 la Regia Aeronautica aveva diversi reparti da ricognizione e bombardamento destinati alla scorta ai propri traffici marittimi militari e civili e al contrasto di quello avversari. In questo campo, un particolare aspetto dell’impiego degli aeroplani è quello della lotta ai sommergibili avversari, con velivoli adatti alla scoperta ed alla neutralizzazione dei battelli avversari. Nell’aprile 1949, la sottoscrizione del trattato NATO da parte italiana consentì all’Aeronautica Militare di ricevere mezzi più moderni anche da utilizzare nella specialità antisom. In questo settore la prima fornitura da parte statunitense consistette nel 1950 in 42 monomotori biposto Curtiss S2C-5 “Helldiver” furono distribuiti a due gruppi, l’86° di base a Grottaglie (oggi sede degli AV-8B Plus della Marina Italiana) e l’87° dislocato a Catania-Fontanagrossa. Gli Helldiver rimasero in linea sino al febbraio del 1959 ma già nel 1953 arrivarono altri velivoli dalla caratteristiche ben diverse: si trattava di 22 bimotori Lockheed PV-2 Harpoon, aerei con un equipaggio di sei persone. Purtroppo  il PV-2 si rivelò meno affidabile dell’S2C-5,  perché se uno dei propulsori andava in avaria,  il forte carico alare dell’Harpoon costringeva i due piloti ad dare tutta la potenza al motore superstite, con il rischio conseguente di un eccessivo surriscaldamento e perdita del velivolo, un evento che purtroppo ebbe a ripetersi con troppa frequenza, tanto da arrivare alla sospensione dei voli ad inizio del 1958 per tre mesi…Malgrado queste carenze, il PV-2 consentì ai reparti antisom di crescere operativamente, affinando la tecnica e l’esperienza operative di tutto il personale, sia dell’Aeronautica che della Marina che poteva  operare congiuntamente su questi bimotori Loockheed . L’Harpoon, in buona sostanza fu un velivolo di transizione sino alla consegna del Grumman S2F.1 “Tracker”,  che rimarrà in linea nell’A.M.I. dal marzo 1957 sino alla fine degli anni 70. La storia di tutti questi velivoli si può trovare nel volumetto n. 12 della collana Dimensione Cielo edita negli anni 70/80 dalla Editrice Bizzarri di Roma. Da un punto di vista modellistico Helldiver e Tracker sono stati tenuti in considerazione dalle ditte, entrambi con modelli in 1/72 ed in 1/48 solo  l’Helldiver  .

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Riprodurre in scala il PV-2 non era invece un’impresa  semplice:  l’unico modello dedicato a questo bimotore era un kit in vac-u-form in 1/72 della Rareplanes, per di più non facilmente reperibile. Anche se qualche pezzo era in metallo bianco, le sue peculiari caratteristiche (stampato sotto vuoto) non facilitano  per nulla il suo assemblaggio…Una alternativa era elaborare il kit, sempre in scala 1/72, della Academy-Minicraft del PV-1, http://www.modellismosalento.it/modelli/aerei/Lockeed_PV/lockeed_PV_ventura.html ovvero il predecessore del PV-2: i due velivoli in pratica avevano in comunque fusoliera e propulsori ma nel secondo aumentavano apertura e superfici alari, nonché i piani di coda. Per poter procedere alla trasformazione  c’era un set in resina di produzione artigianale italiana (Italian WIngs) oramai fuori produzione da anni. Il gruppo ceco MPM ha quindi ritenuto opportuno di poter facilmente “tappare” un ennesimo “buco” modellistico con un kit in plastica iniettata short run, commercializzato con il marchio Special Hobby,  certo più accessibile come assemblaggio rispetto alle due alternative appena menzionate.

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Il modello è composto da quattro stampate in plastica, un telaio per le parti trasparenti anche esse in plastica, sei pezzi in resina (le due stelle dei motori, due lunette da inserire nella prese d’aria superiori dei cofani motori, due filtri a loro volta da inserire nelle analoghe prese d’aria poste al di sotto degli stessi cofani). La prima stampata contrassegnata dalla lettera A è composta da 32 parti ed è relativa alla fusoliera scomposta in due grandi parti: la parte frontale delle due semi fusoliere è un pezzo a parte in quanto la Special Hobby prevede l’utilizzazione di  questo stampo per altre versioni del PV-2 con un muso  diverso, fatto questo che durante la costruzione si rileverà come uno difetti maggiori del kit in quanto le parti in questione non combaciano al meglio. Il resto della stampata è occupato da pezzi raffiguranti particolari dell’interno: oltre ad un pavimento per il vano piloti, ci sono delle paratie orizzontali che separano questo vano dal resto della fusoliera; per la zona dei piloti c’è poi la riproduzione delle pareti laterali, del cruscotto, dei seggiolini e delle closche; anche per la zona limitrofa alla postazione ventrale posteriore c’è qualche analogo particolare in quanto, a costruzione finita, sono solo queste due zone dell’interno che si possono vedere dall’esterno attraverso i finestrini. Pertanto quanto fornito dal kit è sufficiente e basterà aggiungere la riproduzione delle cinghie di ritegno dei piloti per potersi ritenere ragionevolmente soddisfatti dal dettaglio del modello. Le due stampate contrassegnate dalle lettere B e C sono quasi del tutto uguali (solo la C ha qualche pezzo in più rispetto alla B) e relative alle ali, gondole dei motori con il vano dei carrelli, gambe di forza e paratie degli stessi carrelli.


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La stampata D è inerente ai timoni di coda, ai cofani motore, ai serbatoi subalari esterni; il telaio dei pezzi trasparenti comprende infine 12 pezzi rispettivamente per tetto e parabrezza del vano piloti, cupola del mitragliere dorsale, e due tipi di carenature della postazione ventrale, con una di tipo armato che dovrà essere scartata per riprodurre un esemplare italiano; gli altri trasparenti sono le parti vetrate delle varie sfinestrature in fusoliera: tutti i pezzi sono molto limpidi ma anche molto sottili e vanno quindi maneggiati con molta cura sin dal loro distacco dall’albero di stampa.


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Come al solito la costruzione parte dagli interni della fusoliera: spesso nei kit short run qualche pezzo non è ben progettato e può risultare di difficile assemblaggio con gli altri, caso molto frequente per le paratie verticali ed il pavimento del vano piloti che possono impedire la “chiusura” della fusoliera medesima. Per fortuna,questa volta gli stampisti della MPM sono stati capaci di offrire un buon prodotto  e “solo” la paratia del vano mitragliere di coda (pezzo A 15) necessita di un po’ di limature per evitare fastidi. 

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Se l’unione dei due grossi pezzi raffiguranti le semi fusoliere alla fine non crea motli problemi, lo stesso non si può dire dell’unione dei due pezzi A 23 ed A 25 che raffigurano il musone dell’Harpoon al corpo della fusoliera. Unire fra loro questi due pezzi A 23 e A 25 è semplice ma quando li si vuole assemblarli alla fusoliera si nota che se si lascia il tutto senza modifiche, le curve della parte anteriore sotto il muso del PV-2 sembrano più delle onde con degli evidenti avvallamenti ! La soluzione obbligata è una ricorrere ad una decisa carteggiatura che alla fine non eviterà purtroppo il ricorso ad una estesa stuccatura…Può anche darsi che il difetto da me riscontrato sia solo del kit che ho costruito e che il resto della produzione non lo abbia ma credo che sia proprio un problema intrinseco di questo kit stante le dimensioni dei pezzi in questione…

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Purtroppo anche il grosso pezzo trasparente raffigurante il tetto della cabina piloti, per essere messo in sede senza soluzioni di continuità, richiede delle stuccature sia alla sua base che in corrispondenza del tetto della fusoliera. Per fortuna la MPM in questo   kit del PV-2 è  ricorsa ad un tettuccio in plastica iniettata, sottile e molto delicato, ma pur sempre più “lavorabile” rispetto a quelli  in acetato trasparente di tipo vac-u-form presenti ancora nella produzione anche recente della ditta ceca. Lo stesso dicasi per la “copertura” della postazione ventrale mentre nessun problema per la torretta del mitragliere dorsale.

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Giunti a questo punto si deve lasciare da parte la fusoliera per dedicarsi alle ali : si deve iniziare dalle gondole dei carrelli principali seguendo scrupolosamente le indicazioni del foglio istruzioni omettendo però l’unione delle gambe di forza al soffitto dei vani carrello (si evita di doverle mascherare durante la colorazione). I pezzi interni alle gondole non creano problemi e i due complessi si assemblano fra loro facilmente anche se qualche stuccature deve essere effettuata per l’unione dei pezzi raffiguranti le prese d’aria dei motori (i quattro pezzi B 6 e B 9) con in più le due piccoli parti in resina (pezzi PUR 2 ) che vano inserite in quelle più grandi e poste poco dietro e sotto i due cofani motore. Per inciso va detto che il kit della Special Hobby fornisce due tipi di cerchioni, lisci e con raggi: è il secondo tipo che deve essere utilizzato per la riproduzione di un esemplare italiano come si può vedere ad esempio dalle foto alle pagg. 35 e 41 del volumetto n.12 della serie Dimensione Cielo.  Inoltre nel kit si trovano i pezzi per riprodurre due serbatoi esterni subalari: le foto degli esemplari italiani a mia disposizione però non mi hanno dato alcuna contezza dell’uso da parte dei PV-2 dell’A.M.I. di questi serbatoi ed ho quindi ritenuto opportuno ometterli.


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Il modello non fornisce altri tipi di carichi alari, e neanche dei travetti porta bombe o quelli per i razzi: la foto a pag. 41 della  citata pubblicazione fa vedere che questi erano utilizzati dai PV-2 italiani. Tornando alla costruzione delle ali si deve dire che purtroppo l’unione delle gondole motore-carrello alle ali non è esente da congrue e noiose stuccature per tutta la lunghezza delle stesse gondole motore…E’ meglio omettere i pezzi trasparenti che riproducono i vetri dei fari sub-alari d’atterraggio: a colorazione ultimata del modello si possono riprodurre questi vetri con il liquido Syntaglass della Toffano o altri prodotti similirari. Nessun problema per l’unione dei vari pezzi che riproducono gli attuatori dei flaps delle due ali, sempre se si segue con attenzione il foglio istruzioni del kit, evitando così fastidiose confusioni fra gli stessi…Come in quasi tutti i modelli del gruppo MPM, stante la loro natura di modelli realizzati con stampi a bassa pressione e a tiratura limitata, anche in questo caso alettoni e flaps sono riprodotti solidalmente alle ali: per fortuna, dalle immagini degli Harpoon quando questi erano a terra, i loro alettoni e flaps non si abbassavano e quindi nel relativo kit non c’è necessità di procedere alla loro separazione; è però opportuno quanto meno ridurre lo spessore del bordo d’uscita delle ali per poi procedere alla loro unione alla fusoliera.


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Questa fase è un po’ delicata e non solo per la stuccatura che si dovrà effettuare alla base delle due radici alari per eliminare segni di giunzione e soluzioni di continuità ma anche per l’assenza di spinotti di riscontro e per riprodurre con esattezza il vero diedro alare.    Prima di tutto conviene procedere ad inserire nella fusoliera un longherone metallico ricavato da un tondino di ferro di adeguato spessore (si possono acquistare in una qualsiasi ferramenta) e che, passando attraverso la fusoliera si inserisca in ognuna delle semiali. Fatto questo si potranno montare le ali: il foglio istruzioni e quello delle colorazioni proposte dal kit, non hanno un minimo accenno alla configurazione del diedro alare e quindi è obbligatorio esaminare attentamente le immagini degli Harpoon. A questo poi si aggiunge come detto la stuccatura da effettuare…Il pianetto di coda e le due derive di coda non necessitano di stucco ma sarebbe opportuno ridurre per entrambi lo spessore dei bordi d’uscita delle loro parti. I cofani motori non hanno spinotti di riscontro e quindi si devono assemblare con calma sfruttando anche i dischi in resina che riproducono la paratia posteriore delle stelle motori. Questi ultime in buona sostanza possono andare bene tenuto conto della scala e dell’apertura frontale dei cofani motore. Un po’ di attenzione va dedicata all’unione delle due prese d’aria superiori dei due confani. La costruzione termina con l’aggiunta della “scatola” delle mitragliatrici anteriori, aggiunta che non sarà anche essa esente da una adeguata stuccatura.


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Terminata per il momento la fase della costruzione, si deve procedere ad una analisi di tutte le superfici per via delle varie stuccature effettuate: vanno quindi reincise le pannellature che le varie carteggiature hanno inevitabilmente fatto sparire e quindi tutto il modello va “pulito” con una buona ed accorta lavatura con acqua e sapone. La colorazione inizia quindi dando come base una mano di grigio chiaro per evidenziare eventuali difetti e per dare una migliore base d’appoggio alla tinta che dovrà riprodurre la colorazione esterna del velivolo. Mentre per le parti interiori ho ritenuto opportuno usare il classico verde per interni degli aerei di produzione statunitense degli anni 40, per le superfici esterne ho seguito lo schema uniforme in glossy sea blue corrispondente al Federal Standard FS 15042. Gli Harpoon dell’A.M.I. infetti erano in questo monotono colore con solo la punta del musetto in bianco e non avevano particolari elementi che spezzavano questa uniformità se non le sei coccarde nazionali, i codici di reparto in fusoliera e in qualche caso sulle derive esterne gli stemmi di reparto. mentre  le ogive delle eliche potevano avere il colore i riprodurre. Le foto degli aerei italiani non fanno intravedere particolari segni di usura se non una degradazione della lucentezza del colore: solo una foto di un velivolo fa vedere qualche scrostatura della vernice sul bordo d’entrata alare.


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L’esemplare che ho scelto di riprodurre è un velivolo dell’87° gruppo, ovvero il numero 21

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in quanto al momento non esistono delle decals che riproducono esattamente gli stemmi di reparti di questi velivoli e l’esemplare da me scelto non ne aveva.


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Per riprodurre la colorazione ho usato lo smalto Humbrol 77 che poi ho lucidato con un

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acrilico Model Master. I codici sono stati tratti dal foglio Tauromodel dedicato agli Helldiver

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italiani mentre le coccarde da un foglio della Sky Models (cat. No. 012)  che riproduce solo
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insegne A.M.I. di diversi diametri. Mentre le decals Tauro hanno aderito immediatamente

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alle superfici del modello  quelle Sky si sono rivelate di scarso potere adesivo: problema risolto con un passaggio di vernice trasparente acrilica sotto ognuna delle sei coccarde che poi ho pressato sulla superficie del modello, metodo forse poco ortodosso ma abbastanza efficace…

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Dal foglio decals del kit Special Hobby ho potuto usare pochi soggetti come la

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striscia rossa sul muso della fusoliera che evidenzia la posizione delle pale delle eliche e la matricola statunitense che i velivoli conservavano (erano sempre formalmente di à proprietà americana…) sotto il pianetto di coda. Per spezzare un poco la monotona uniformità della colorazione esterna senza addentrarmi in irrealistici invecchiamenti, dopo aver posizionato tutte le decals ho passato una mano di vernice acrilica trasparente lucida della Model Master mescolata con poche gocce di trasparente opaco sempre della Model Master e di bianco opaco sempre acrilico. Questa mistura è stata stesa in modo non uniforme su tutte le superfici superiori mentre per quelle inferiori ho steso suolo un mix di acrilici trasparenti lucidi ed opachi: ho ritenuto cioè che fra le superfici superiori e quelle inferiori ci fosse una differente usura tenuto conto anche delle condizioni ambientali in cui operarono gli Harpoon italiani (ovvero due basi del sud Italia…). L’Harpoon numero 21 inoltre aveva le ogive delle eliche di colore bianco, le pale delle eliche di colore nero con estremità gialle.

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Ho terminato l’assemblaggio aggiungendo i carrelli, le eliche, le mitragliatrici, la cupola della mitragliatrice, le varie antenne  e chiudendo i finestrini in fusoliera con il Syntaglass della Toffano. L’ultima aggiunta è stata la riproduzione dell’aereo dell’antenna radio “collegando” le due derive all’asta presente subito dietro il tetto della cabina dei piloti, con una bava di nylon: la costruzione di questo modello della Special Hobby finisce così dopo un po’ di impegno per via della diverse stuccature ma pure l’Harpoon si può  inserire con una certa soddisfazione in una collezione di riproduzioni di velivoli A.M.I. !
Gabriele Luciani