Staghound T17E1
Modello Italeri scala 1/35 cat. no. 6459
Testo e foto di Gabriele Luciani
Si ringrazia la Italeri S.p.a. per il kit gentilmente fornito in recensione


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Una delle novità presentate nel 2007 dalla Italeri è il kit in scala 1/35 della blindo T 17 E 1 Staghound prodotta in quasi 3850 esemplari negli Stati Uniti dal 1942 al 1943 in tre distinti Mark. Distribuite agli eserciti inglese e a quelli dei paesi del Commonwealth, in tempo per partecipare alle operazioni nel teatro italiano ed in quello europeo, si rivelarono un mezzo poderoso con una mole che contrastava con il tipo di impiego cui era destinata (la ricognizione). Alla fine della 2° guerra mondiale, i reparti alleati di stanza in Italia avevano una dotazione di mezzi talmente surdimensionata rispetto alle nuove esigenze del tempo di pace che molti venivano depositati in appositi campi, essendo molto gravoso far ritornare in patria questi residuati bellici. Da questi campi, con il permesso delle Autorità alleate di occupazione, le forze armate italiane attinsero molti materiali per alimentare la loro ricostruzione, fra cui parecchie Staghound appartenenti alle versione Mark 1. Poiché le esigenze di sicurezza interna erano preponderanti rispetto alla protezione dei confini nazionali, si prestò dapprima maggiore attenzione alla dotazione dei Carabinieri e dei reparti di Pubblica Sicurezza che oltre ai pochi residuati bellici di produzione italiana, ebbero in organico fino agli anni 60 centinaia di Staghound . Anche i reparti di cavalleria ebbero le Staghound ma queste blindo vennero ritenute più idonee all’uso da parte del Corpo di Sicurezza in Somalia (la ex colonia fu amministrata dall’Italia fino al 1960) e 48 furono portate a Mogadiscio dove rimasero fino al maggio 1956. Nel 1958 le T 17 E 1 furono radiate da tutti i reparti di Cavalleria: il loro periodo di impiego è quindi corrisposto a quello di massima efficienza dell’Esercito Italiano, quando all’uso di residuati bellici, si accompagnò una dovizia di ricambi per gli stessi residuati e copiose forniture di nuovi sistemi d’arma per lo più americani del programma MDAP. Foto, trittici e storia sulla Staghound, in particolare del suo impiego in Italia si possono trovare sul terzo volume dell’Opera “Gli autoveicoli da combattimento dell’esercito italiano” a firma di Nicola Pignato e Filippo Cappellano edita dallo Stato Maggiore dell’Esercito Italiano.


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La confezione del kit evidenzia subito l’appartenenza dello stesso alla serie dei modelli Italeri con il manualetto fotografico di corredo alle stampate in plastica. In questo caso si tratta di un opuscolo di 48 pagine con foto storiche del mezzo reale, per lo più di esemplari italiani in Somalia, tavole del manuale d’uso, un “walkround” di una delle  Staghound ancora conservate in Italia, in particolare di quella del Museo storico della Motorizzazione militare, con sede alla Cecchignola in Roma; infine i profili a colori dei mezzi che si possono riprodurre con le decals offerte nel kit. Sempre la confezione del kit offre la sua copertina come tavola a parte con il solo disegno del mezzo. Da notare anche la nuova diversa configurazione del foglio istruzioni degli ultimissimi modelli Italeri: sullo stesso infatti quasi tutte le componenti del kit e le varie vasi della costruzione sono riprodotte con foto e non con gli usuali disegni, il risultato che tutto appare molto più chiaro del solito anche se la costruzione del modello  della Staghound Itaeri non denota particolari problematiche al di là di qualche stuccatura.


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Il kit è composto da quattro telai in plastica iniettata con 193 pezzi  di ottima qualità , una lastra di foto incisioni, una canna in metallo bianco per l’armento principale della torretta, un filo per riprodurre il cavo di traino presente spesso sul frontale della blindo, una lastra di acetato trasparente, oltre al foglio decals. La prima stampata è dedicata allo scafo della Staghound ed ai suoi grandi parafanghi, agli assali delle ruote, agli attrezzi da zappatore.


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La seconda stampata è relativa alla torretta della blindo, sia nei particolari esterni che in quelli interni, compreso il sottostante “canestro” che costituiva il vano di combattimento del personale operante all’interno della stessa torretta. Questa particolare scomposizione del kit, potrebbe far supporre che lo stesso possa essere in futuro sfruttato per riprodurre altre versioni della Satgfhound con differente tipo di torretta.


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La torretta riprodotta da questo kit Italeri è infatti la ES 229 con i portelli superiori ribaltabili all’esterno e con all’esterno, al centro posteriore, la base per una mitragliatrice Browning per il tiro contraereo. La stessa torretta è scomposta in due pezzi principali la cui unione richiede un minimo di stuccatura per eliminare i segni della loro giunzione.


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Anche se la canna dell’armamento principale è stata riprodotta in plastica, nel kit troviamo una riproduzione dello stessa in metallo bianco, una opzione di gran lunga preferibile anche perché è di gran lunga migliore il realismo che lo stesso pezzo in metallo bianco dà rispetto all’analogo pezzo in plastica. La canna in metallo bianco poi, si innesta senza alcun problema al resto delle componenti del cannoncino da 37 mm.


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Le ultime due stampate sono la duplice copia di un unico telaio e sono relative alle ruote scomposte in due pezzi ognuna, i contenitori e i bidoni posti ai lati dello scafo, nonché a tutti i particolari minori che completavano il mezzo. I battistrada dei pneumatici sono del tipo americano: i tasselli sono però troppo evidenti così come le costolature sui lati della stesse ruote ed il loro spessore andrebbe quindi ridotto per apparire più realistico. 

  
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Le foto incisioni sono di un adeguato spessore: non di rado in passato ho avuto a che fare con lastre di foto incisioni così fini che si piegavano solo con uno sguardo e che anche per questo alla fine risultavano del tutto inutilizzabili…Le parti della blindo che si possono riprodurre con queste foto incisioni sono ad esempio una cassetta posta nel retro dello scafo, le piastre di ritegno dei serbatoi esterni, maniglie sul cofano motore, alcuni particolari della mitragliatrice antiaerea.


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Il foglio decals consente la realizzazione di cinque diversi esemplari, tre in servizio  durante la 2° g.m. e due nel dopo guerra. I primi tre sono rispettivamente inglese, belga, polacco, mentre gli altri due sono uno australiano utilizzato durante l’occupazione del Giappone ed una italiana. Questa ultima chiaramente è quella che ha assorbito la mia attenzione: sul foglio istruzioni la sua appartenenza fa fatta risalire ad uno sconosciuto  reggimento di cavalleria negli anni 50, mentre nell’opuscolo è correttamente indicata come in dotazione alla Scuola di Cavalleria Blindata con sede in Roma. Le insegne di reparto sono un pochino troppo grandi mentre le targhe in origine erano sbagliate avendo la scritta E.I. in nero invece che in rosso: prima di commercializzare il kit è stato aggiunto una decal con le targhe corrette nei colori   quella posteriore è rimasta di forma rettangolaree malgrado la stessa in realtà generalmente era di forma quadrata. Due foto del mezzo italiano sono state pubblicate a pag. 207 della citata opera di Nicola Pignato e Filippo  Cappellano, immagini dalle quali si evince che le quattro ruote di questa autoblindo avevano almeno tre tipi diversi di pneumatici, nessuno simile a quello fornito dal kit. Poiché l’assemblaggio del modello è abbastanza veloce e sul mercato al momento non esistono decals alternative, ho ritenuto opportuno procedere a modificare le sue ruote considerato come detto sopra che le stesse comunque devono essere corrette…


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Devo dire che mi sono poi pentito di aver proceduto a tali modifiche perché le stesse si sono rivelate in realtà molto faticose, specie per le ruote posteriori…Dapprima ho lisciato a raso tutte e quattro le ruote del kit, arrotondando poi i loro dorsi; sono quindi passato alla riproduzione del diverso tipo di battistrada delle ruote montate dalla Staghound della Scuola, incidendole con un cutter. La ruota anteriore destra è stata quella più facile di tutte in quanto le scanalature del suo pneumatico erano di tipo quasi lineare e perpendicolare; la anteriore sinistra aveva un battistrada con tasselli “ad x” e mi è bastato incidere delle linee trasversali parallele da destra a sinistra e viceversa, incrociandole così fra loro.


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Dalle immagini della T 17E1 della Scuola non si vede la ruota posteriore sinistra ma solo quella destra il cui pneumatico comunque è diverso da quello delle ruote anteriori . Ho ritenuto che almeno il  battistrada delle due ruote posteriori fosse di tipo un tipo uguale  fra loro ed ho quindi proceduto ad inciderle in tal modo. Purtroppo questo pneumatico è stato veramente molto difficile da riprodurre, con un lavorìo di incisioni faticoso e prolungato nel tempo…Mi sono augurato più volte che nel frattempo qualche firma artigianale italiana di prodotti after market proponesse qualche set di correzione proprio per le ruote ma purtroppo ho fatto in tempo a finire prima che fosse almeno annunciato qualcosa…Aspettando l’applicazione di una delle leggi di Murpy al modellismo sono convinto che prima o poi uscirà un’altra foto della Staghound della Scuola con le ruote simili a quelle del kit Italeri …


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Passato questo molto ma molto fastidioso scoglio nella costruzione del kit, si deve dire che il resto del suo assemblaggio richiede delle stuccature per eliminare i segni delle giunzioni delle due parti principali della torretta solo per quella della unione dei quattro parafanghi allo scafo, mentre le piastre che compongono lo scafo si assemblano senza problemi. L’Italeri offre la possibilità di montare aperti i due portelloni laterali, i portelloni del vano motore, e le feritoie anteriori ma il modello non dà nulla per l’interno dello scafo al di là del canestro della torretta. Chi volesse avventurarsi nella autocostruzione degli interni (che fra l’altro non è però un lavoro da poco) può almeno basarsi sulla documentazione che la stessa Italeri fornisce con il manualetto fotografico inserito nel kit. Per le due feritoie anteriori il kit fornisce una lastrina di plastica trasparente per riprodurre i blindo vetri delle stesse feritoie; nelle foto incisioni ci sono le cornici e i tergi vetri sempre per le due feritoie anteriori, oltre ai sostegni delle loro paratie che possono essere montate anche chiuse  .


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Se si vuole montare il kit come da scatola, una buona soluzione credo possa essere quelle di optare per finirlo con i portelloni dello scafo montati in posizione chiusa, mentre quelli in torretta possono essere lasciati aperti in quanto la loro apertura consente di vedere quanto basta dei particolari interni della torretta che il modello fornisce.


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Gli esemplari italiani, in servizio sul territorio nazionale, generalmente non avevano i due fusti laterali esterni come l’esemplare della Scuola di cavalleria che non aveva neanche gli attrezzi da zappatore.Ho quindi omesso di aggiungere tutti questi elementi  auto costruendomi i sostegni laterali presenti sullo scafo per gli attrezzi e i due indicatori d’ingombro posti sui parafanghi anteriori.
Per quanto riguarda la colorazione del mezzo c’è da dire che gli interni erano generalmente in bianco opaco mentre per gli esterni il colore era un verde opaco uniforme per la cui…”definizione  modellistica” mi sono basato su quanto evidenziato dal Prof. Pignato nel suo libro “Dalla Libia al Libano” e, molto modestamente, su alcune mie personali considerazioni. Nicola Pignato precisa che il verde oliva utilizzato sui mezzi italiani dal 1946 al 1983 era analogo al F.S.24064; le Staghound provenivano come detto dai campi di residuati bellici alleati in Italia e dubito che le stesse, al di là della revisione fatta dalla officine nazionali sui motori e sull’armamento, siano state anche riverniciate.


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Credo sia più probabile che siano rimaste nell’originario “deep bronze green” inglese e quindi, dopo aver passato sul modello finito una mano di grigio chiaro Testor’s a smalto, ho utilizzato la tinta a smalto Humbrol 75 per riprodurre il verde in questione. Il colore dei pneumatici è un grigio medio opaco con il battistrada e le zone limitrofe al cerchione (i punti dove si concentrano sporco e segni di usura) lumeggiati con un grigio chiaro, passato anche all’interno dei parafanghi. Sulle stesse ruote così dipinte ho passato una mano di un vecchio trasparente opaco della Humbrol  per riprodurre il loro invecchiamento. Ho quindi applicato le decals (sono caratterizzate da un buon potere adesivo ma anche da un film di sostegno non alla stessa altezza) modificando una di quelle che riproducono le targhe per realizzarla in forma quadrata; ho quindi utilizzato la stessa targa ponendola su un sostegno auto costruito rifacendomi alle foto della Staghound pubblicate sull’opuscoletto inserito nel kit Italeri, utilizzando pezzettini di foto incisioni. Pochissime le note di colore del mezzo: ad eccezione dei dischetti bianchi dei due indicatori d’ingombro posti sui parafanghi anteriori e della fanaleria, le T 17 E 1 italiane non avevano ulteriori particolari ad eccezione delle insegne di reparto…Solo quelle in servizio con la Pubblica Sicurezza dovevano avere una colorazione diversa, ovvero la tinta rossastra tipica di tutti i mezzi della Polizia dell’epoca, ovvero l’F.S.21136 leggermente schiarito, utilizzato sino al 1960 quando fu sostituito dal grigio oliva F.S. 34098.


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Ritornando alla colorazione del mezzo della scuola, dalle foto si nota che, malgrado fosse un mezzo in servizio presso un istituto di formazione dell’arma di Cavalleria, c’erano degli evidenti segni di usura in particolare su zone estese della sommità esterna dei parafanghi, che appare più chiaro del resto della colorazione.  Per riprodurre queste zone ho passato un mix di Humbrol 102 mixato con poche gocce di Humbrol 75 e giallo opaco. Ho poi passato alcune leggere mani di grigio chiaro sulle parti inferiori dello scafo per simulare la polvere che si depositava sul mezzo anche con un semplice uso stradale.


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Ho quindi completato la costruzione del modello con l’aggiunta del cavo di traino posto sulla piastra anteriore dello scafo utilizzando il realistico filo offerto dal kit Italeri . Alla fine il modello montato dà in pieno l’idea di possanza del mezzo reale anche perché sembra rispettarne in pieno forme e dimensioni dello stesso.


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In conclusione un kit che un appassionato italianofilo non dovrebbe lasciarsi scappare, un modello di un mezzo che in effetti rappresenta un tratto di storia interessantissima ma ancora oggi alquanto misconosciuta, quale è quella degli ultimi anni di vita del Regio Esercito fino alla proclamazione delle Repubblica Italiana e quella del periodo di massima efficienza dell’Esercito Italiano raggiunta negli anni 50 e purtroppo successivamente mai più riconseguita, almeno in termini quantitativi.
Gabriele LUCIANI