Il Gruppo Corazzato “San Giusto” – dal Regio Esercito alla RSI 1934-1945   
1°Gruppo Carri L “San Giusto” (1934-1943) / Gruppo Squadroni Corazzati “San Giusto” (1943-1943) di Stefano Di Giusto –  Laran Editions
Testo e  foto di Gabriele Luciani
Si ringrazia  la Laran Editions   per la monografia  gentilmente fornita   in recensione

 

01

Il secondo libro della casa editrice belga Laran Editions è dedicato a due reparti corazzati dell’Arma di Cavalleria italiana, entrambi denominati “San Giusto”. Il primo ad essere costituito nel 1934 fu il 1° Gruppo Carri Veloci  del Regio Esercito: la sua dotazione era inizialmente costituita da esemplari del FIAT Ansaldo CV.33,  il piccolo carro armato che, nelle sue successive versioni, rimase in linea per tutti gli anni 30 (e purtroppo anche oltre…), non solo nel San Giusto ma anchenegli altri reparti corazzati del Regio Esercito. Il “San Giusto” rimase di guarnigione sempre in Friuli e quando l’Italia entrò in guerra contro la Jugoslavia nel 1941, i suoi carri vennero impiegati nella breve ed incuentra campagna che certo non lasciava presagire la ferocissima guerriglia che si sviluppò nei due anni successivi nei territori occupati dalle potenze dell’Asse. L’8.9.1943 gli squadroni erano concentrati nella zona di Fiume ed uno di loro, comandato dal Cap. Tonegutti, non disarmò ma anzi il suo personale costituì la base per la costituzione di una delle formazioni di Cavalleria della Repubblica Sociale Italiana. Trasferitosi a Gorizia, il reparto recuperò oltre ai carri leggeri qualche altro mezzi fra cui carri e semoventi scafo  M13 ed  M 14, divenendo così il Gruppo Squadorni “San Giusto”. Il compito questa volta non era più quello di controllare le zone ex-jugoslave ma quello di “mostrare” la bandiera italiana in zone direttamente poste sotto il controllo tedesco  e nel contempo di difendere i confini nazionali: le formazioni titine si erano notevolmente rafforzate e miravano ad arrivare fino ad Udine; non era più  una guerriglia ma una vera e propria guerra tanto che si poteva parlare giustamente di un “fronte orientale” per i militari della R.S.I. che si impegnarono sino al maggio del 1945. 

02

Se oggi questi territori (così come la Val d’Aosta che i parà della Folgore difesero pure loro sino al 25.4.1945 dagli attacchi francesi…) sono ancora italiani lo si deve anche al sacrificio di tanti che con i gladi al bavero combatterono in buona fede contro le mire espansionistiche dei nostri confinanti slavi, questi ultimi motivati da cruente motivazioni ideologi e capaci di efferati crimini contro l’umanità.
I particolari della storia dei due reparti che furono battezzati con il nome “San Giusto” sono mirabilmente descritti dalla interessantissima monografia a firma di Stefano Di Giusto, uno studioso che ha concretizzato al meglio le ricerche dallo stesso condotte non solo in vari archivi italiani ma anche in quelli tedeschi e sloveni: un ottimo metodo cioè per poter raffrontare le informazioni provenienti da fonti un tempo contrapposte e senza basarsi unicamente sulle memorie dei reduci e dei loro familiari. I protagonisti delle vicende, a causa del passare del tempo e dell’aumentare della loro età anagrafica (non dimentichiamo che sono passati oltre 60 anni…), possono portare testimonianze preziose ma oramai sempre più sbiadite ed imprecise…Molto rilevante anche la bibliografia consultata anche se la publicistica precedente non è che si è distinta per qualità e precisione, essendo molto spesso costitutita da memoriali o da opere spiccatamente agiografiche…
La monografia della Laran Editions è divisa in sezioni distinte ma ben coordinate fra loro: nella prima , a sua volta divisa in due parti, viene trattata la storia dei due reparti, con una particolare attenzione ai momenti dell’armisitizio e alle vicende del San Giusto della R.S.I. che occupano quasi il doppio dello spazio rispetto all’omonimo reparto del Regio Esercito: purtroppo, come riferisce l’Autore, i diari storici del gruppo sono conservati solo quelli a partire dal giugno 1940 e fino al giugno 1943. La descrizione della storia del San Giusto della R.S.I. è arricchita inoltre dalla riproduzione di diversi documenti e relazioni dell’epoca.

03

Due pagine sono dedicate alla mimetica ed ai simboli dei due reparti: sembrerebbero poche ma in realtà sono una fonte preziosissima per i modellisti (dalla quale purtroppo si evince che le rare decals presenti sul mercato non sono certo idonee per i carri del San Giusto nel 1944-45…) con le quasi settanta pagine di foto che “chiudono” il testo. Queste ultime sono addirittura 140 (!!!), spesso inedite e quelle già viste sono ora riproproste con una pulizia grafica esemplare, con didascalie precise ed illuminanti sia da un punto di vista tecnico che storico. Fra queste, colpiscono le drammatiche immagini, alcune provenienti da parte slava, dell’imboscata del 31 maggio 1944 in cui caddero alcuni mezzi del San Giusto al confine italo-jugoslavo: sembrerebbero quasi delle foto provenienti dall’Afganistan o dall’Iraq…
L’autore ha poi inserito una appendice sull’uso delle Littorine blindate Libli nello stesso settore del San Giusto dopo l’armisitizio, un elenco delle località italiane che oggi sono purtroppo in territorio sloveno o croato ed un sunto in lingua inglese del testo nella speranza che questo susciti l’interesse di altri studiosi (oltre che di modellisti e quindi di produttori !) anche al di fuori dell’Italia, come già avvenuto per la storia della Regia Aeronautica e Aviazione Nazionale Repubblicana. In effeti il libro di Stefano Di Giusto è per molti versi paragonabile all’analogo volume a firma di Giancarlo Garello “Centauri su Torino” edito anni fa da Giorgio Apostolo e incentrato sulla storia della squadriglia Montefusco-Bonnet della A.N.R..


04

L’unica nota stonata sono i profili a colori in quarta di copertina: sono pochi accidenti ! In un libro così bello sarebbe stato magnifico se si fosse trovato anche il modo di inserire dei profili a colori di molti più mezzi dei due San Giusto (e non solo di quattro di quella R.S.I., fra cui la AB 41 con un particolare schema mimetico a bande verdi e marroni su giallo sabbia).
Nella prefazione del libro, l’autore comunica la sua mail per chi volesse fornire precisazioni e nuove informazioni sull’argomento del suo libro: anche questo è un elemento da tenere in considerazione e da apprezzare in quanto assevera non solo la disponiblità dell’autore al dialogo ed al confronto con i suoi lettori ma è anche il sintomo di una genuina passione nella ricerca storica e la speranza di vedere sia da parte di Stefano Giusto sia da parte della Laran Editions ulteriori monografie di così eccelsa qualità.
Gabriele Luciani